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La scienza di “The Martian”: realtà, finzione e il futuro dell’esplorazione di Marte

Quando si parla di viaggi su Marte, uno dei riferimenti cinematografici e letterari più popolari degli ultimi anni è senza dubbio The Martian, film del 2015 diretto da Ridley Scott e tratto dal romanzo di Andy Weir. Protagonista della pellicola è l’astronauta Mark Watney (Matt Damon), costretto a sopravvivere in solitaria sul Pianeta Rosso dopo un incidente che porta il suo equipaggio ad abbandonarlo credendolo morto. Il film ha riscosso grande successo non solo per la trama avvincente, ma anche per il modo in cui ha saputo intrecciare narrazione e rigore scientifico. Quali sono gli elementi realmente plausibili e quali invece le inevitabili licenze cinematografiche? E, soprattutto, come si prospetta il futuro dell’esplorazione marziana secondo la scienza e le ultime scoperte?

L’ambiente di Marte: tempeste, atmosfera e radiazioni

Le tempeste di sabbia Nel film, la missione marziana è interrotta da una violenta tempesta di sabbia. L’idea di una tempesta marziana così potente da compromettere interamente un’operazione spaziale è, in parte, romanzata. Marte ha effettivamente tempeste di polvere globali che possono oscurare per settimane la superficie, ma l’atmosfera molto rarefatta (circa l’1% della densità dell’atmosfera terrestre) rende i venti meno distruttivi di quanto suggerisca il film. Tuttavia, il pulviscolo in sospensione potrebbe creare danni secondari, ad esempio coprendo i pannelli solari, diminuendo la produzione di energia o riducendo la visibilità.

La gravità e le radiazioni Su Marte la gravità è circa il 38% di quella terrestre, un aspetto che nel film non è enfatizzato in maniera visibile per motivi di produzione. Altro elemento critico è la protezione dalle radiazioni cosmiche: l’atmosfera sottile e l’assenza di un campo magnetico globale (come la magnetosfera terrestre) espongono gli astronauti a un livello di radiazioni molto più alto rispetto alla Terra. Nella pellicola, le precauzioni legate a questo pericolo non sono mostrate in modo approfondito, ma nella realtà la schermatura dalle radiazioni è uno dei principali ostacoli da risolvere per missioni prolungate sul Pianeta Rosso.

Coltivare patate su Marte: è possibile?

Una delle scene più iconiche di The Martian vede Mark Watney impegnato a coltivare patate utilizzando il terreno marziano, fertilizzandolo con scarti organici. L’idea alla base è semplice: se si riuscisse a generare un ambiente quasi autosufficiente, gli astronauti potrebbero produrre il proprio cibo. In realtà, il suolo marziano è ricco di sostanze chimiche come i perclorati, potenzialmente tossiche per l’essere umano. Inoltre, la scarsa presenza di acqua disponibile e la bassa pressione atmosferica renderebbero la coltivazione estremamente complessa senza una serra adeguatamente pressurizzata e sistemi di filtrazione del suolo.

Tuttavia, gli esperimenti condotti sulla Terra in ambienti chiusi e con simulazioni del suolo marziano hanno confermato che, con le giuste tecnologie – ad esempio rimuovendo i perclorati e controllando attentamente l’atmosfera interna – sarebbe teoricamente possibile coltivare vegetali sul Pianeta Rosso. Quindi, per quanto semplificato, il concetto presentato dal film non è del tutto fuori dalla realtà.

Produzione di acqua e ossigeno

Nel film, Watney produce acqua bruciando idrazina (un propellente per razzi) e raccogliendo il vapore condensato. La NASA, nella realtà, sta studiando tecnologie per estrarre l’acqua dai ghiacci presenti sottoterra o nelle calotte polari di Marte. Inoltre, la sonda Perseverance (lanciata nel 2020 e atterrata su Marte nel 2021) è equipaggiata con un apparecchio sperimentale chiamato MOXIE (Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment), progettato per estrarre ossigeno dall’anidride carbonica (CO₂) dell’atmosfera. Sebbene MOXIE sia soltanto un prototipo, rappresenta un passo fondamentale verso la possibilità di creare risorse vitali sul Pianeta Rosso direttamente sul posto, un fattore cruciale per missioni di lunga durata.

L’aspetto ingegneristico: habitat e tecnologia

Habitat pressurizzato e rover Nel film, l’Hab (habitat) è la “casa” di Watney: un modulo pressurizzato con riserve di cibo, acqua e aria. Questo aspetto ha solide basi reali: in un’ipotetica colonia marziana, si dovrebbero costruire ambienti sigillati e pressurizzati per consentire la vita e la coltivazione. Quanto ai rover, quelli cinematografici sono più versatili e leggeri di quelli reali, ma l’idea di un mezzo pressurizzato per l’esplorazione su lunghe distanze è assolutamente compatibile con le strategie delle future missioni.

Soluzioni di emergenza La sopravvivenza di Watney è scandita da una costante improvvisazione: dagli aggiustamenti di fortuna ai tentativi di comunicazione con la Terra. In situazioni di emergenza, l’astronauta sfrutta con ingegno materiali e tecnologia progettati per tutt’altri scopi. Questo spirito incarna il concetto (tipico della NASA e delle agenzie spaziali) di “improvvisazione controllata”, in cui nulla è lasciato al caso, ma ogni oggetto a bordo ha più di una funzione possibile.

Il futuro dell’esplorazione marziana

Missioni robotiche presenti e future Oltre al rover Perseverance, già operativo per la ricerca di tracce di vita passata e lo studio della geologia marziana, la NASA sta collaborando con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) per una missione di sample return, ovvero il recupero e il trasporto di campioni marziani sulla Terra. Questo sarebbe un traguardo scientifico e tecnologico straordinario, permettendo di studiare i campioni con strumenti di laboratorio all’avanguardia e aprendo la strada a scoperte significative.

Le missioni con equipaggio La NASA continua a sviluppare il programma Artemis, finalizzato prima al ritorno dell’uomo sulla Luna e poi a una presenza sostenibile nello spazio cislunare. L’obiettivo di lungo periodo è proprio l’invio di astronauti su Marte, presumibilmente entro la metà o la fine del 2030. Sono in corso studi approfonditi sull’effetto delle radiazioni, i sistemi di supporto vitale, la propulsione ad alta efficienza e le tecnologie di atterraggio e decollo da un pianeta con gravità diversa. Anche la SpaceX di Elon Musk e altre realtà private stanno lavorando su sistemi di lancio riutilizzabili e su concept di habitat marziani, rendendo il quadro dell’esplorazione futura ancora più dinamico e competitivo.

Le ultime scoperte: acqua e possibili tracce di vita

Presenza di acqua Una delle scoperte più importanti degli ultimi decenni su Marte è l’evidenza della presenza di ghiaccio d’acqua e della passata esistenza di acqua liquida in superficie. I rover Curiosity, Perseverance e le sonde orbitanti hanno rilevato minerali che si formano in ambienti umidi, letti di antichi fiumi e laghi, nonché riserve di ghiaccio sotterraneo. Questo fa ipotizzare che Marte, in un passato remoto, fosse molto più simile alla Terra.

Ricerca di vita passata È proprio questo background di “antica abitabilità” che spinge la NASA e le altre agenzie a cercare segni di vita microbica fossile. Perseverance ha il compito di raccogliere campioni di suolo e rocce dalle zone più interessanti dal punto di vista astrobiologico, con l’obiettivo finale di comprendere se Marte abbia mai ospitato forme di vita. L’eventuale scoperta di prove concrete di vita passata (o presente) su Marte cambierebbe in modo radicale la nostra comprensione dell’universo e stimolerebbe ulteriormente le missioni umane.

Una (prossima) grande avventura

The Martian ha affascinato il pubblico fondendo avventura e scienza in un racconto che, per quanto semplificato dal linguaggio cinematografico, si basa su ipotesi realistiche e studi concreti. La coltivazione di cibo, la produzione di acqua e ossigeno, la lotta contro le radiazioni e le tempeste di sabbia: tutti questi elementi rappresentano sfide reali per chi sogna di colonizzare il Pianeta Rosso. Nel prossimo decennio, e ancor più nei due successivi, le agenzie spaziali internazionali e i privati potrebbero rendere realtà alcune delle tecnologie che oggi vediamo nei film. E se un tempo Marte era soltanto una meta della fantascienza, oggi è al centro di una corsa scientifica che coinvolge grandi potenze, aziende all’avanguardia e comunità di ricerca globale. Non resta che attendere i prossimi passi, sperando che la narrazione di The Martian diventi presto un prologo a una grande avventura umana ai confini del nostro Sistema Solare.

Stefano Camilloni

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