Perché misurare l’espansione dell’Universo è così difficile? Errori, nuova fisica e metodi innovativi per svelare uno dei più grandi enigmi dell’astrofisica moderna.
Nel vasto panorama dell’astrofisica moderna, uno dei punti di dibattito più accesi riguarda la misura della cosiddetta costante di Hubble, ossia il parametro che descrive la velocità di espansione dell’Universo. In termini più tecnici, essa indica di quanti chilometri al secondo si “dilata” lo spazio tra le galassie ogni megaparsec (una misura di distanza pari a circa 3,26 milioni di anni luce). Storicamente, il valore di questa costante ha avuto e continua ad avere un’enorme importanza in cosmologia, poiché da esso derivano stime fondamentali come l’età dell’Universo e la scala delle distanze cosmiche.
Negli ultimi decenni, l’accuratezza nella misurazione della costante di Hubble è cresciuta in maniera esponenziale; tuttavia, paradossalmente, è proprio quest’accresciuta precisione ad aver creato un problema: i vari metodi indipendenti con cui si cerca di calcolarla non riescono a fornire un valore concorde. Da qui nasce la cosiddetta Hubble tension o “tensione di Hubble”.
I due approcci principali: universo locale vs. universo primordiale
Per comprendere l’origine del problema, è utile distinguere due approcci principali di misurazione:
- Misure locali (universo “vicino”):
Si basano su osservazioni astronomiche di galassie relativamente vicine, in cui è possibile determinare con precisione le distanze attraverso i cosiddetti “candelieri standard” (standard candles), come le stelle Cefeidi o le supernove di tipo Ia. In particolare, il progetto SH0ES (Supernovae and H0 for the Equation of State) utilizza supernove di tipo Ia come indicatori di distanza. Secondo questi metodi, il valore della costante di Hubble si aggira intorno ai 73-74 km/s per megaparsec. - Misure su larga scala (universo primordiale):
Si fa uso dei dati del fondo cosmico a microonde (CMB) – la radiazione fossile residua del Big Bang – misurati con precisione dal satellite Planck. Da questa “fotografia” primordiale, combinata con il modello cosmologico standard (ΛCDM), si ottiene un valore di circa 67-68 km/s per megaparsec.
La discrepanza tra i due valori, pur rientrando in margini di errore piccolissimi, è statisticamente significativa, ed è proprio per questo che si parla di “tensione di Hubble”: non si tratta di un semplice errore sperimentale, bensì di un divario che permane nonostante i perfezionamenti tecnici e la riduzione sistematica delle incertezze.
Possibili cause e principali ipotesi
- Errori sistematici nelle misure:
Un’ipotesi è che esistano ancora errori non corretti (o non stimati adeguatamente) negli strumenti o nella calibrazione dei dati. Gli astronomi sono molto attenti a questi possibili fattori: per esempio, nella misura “locale” potrebbero esistere imprecisioni nel legame tra le Cefeidi e le supernove di tipo Ia; in quella “primordiale” potrebbero esserci assunzioni non del tutto precise nel modello cosmologico di base. - Nuova fisica:
È forse lo scenario più intrigante. La costante di Hubble potrebbe apparire diversa in quanto le assunzioni del modello cosmologico standard non sono complete. Per esempio, potrebbero esistere nuove particelle, una forma di energia oscura differente da quanto previsto, o altre modifiche alla fisica fondamentale che alterano il tasso di espansione. - Evoluzione temporale della costante di Hubble:
Se l’espansione dell’Universo non è stata governata dalle stesse leggi in ogni epoca, la costante di Hubble misurata “oggi” (un metodo locale) potrebbe non coincidere con quella dedotta da epoche primordiali (CMB). Questa ipotesi implica una variazione temporale dei parametri cosmologici.
Prospettive per superare la tensione
La soluzione del mistero richiede sia nuove tecniche osservative sia ulteriori verifiche sperimentali:
- Osservazioni con il telescopio spaziale James Webb (JWST):
Il successore di Hubble (in senso letterale e simbolico) fornisce dati più precisi sulle Cefeidi e sulle supernove di tipo Ia, permettendo di migliorare ulteriormente la scala delle distanze cosmiche e ridurre eventuali errori sistematici. - Gravitational wave standard sirens (sirene standard di onde gravitazionali):
La rivelazione delle onde gravitazionali emesse da scontri di stelle di neutroni fornisce un metodo indipendente per stimare le distanze. Questi eventi, detti standard sirens, non richiedono “calibrazioni” come le candele standard, e potrebbero quindi fornire una misura della costante di Hubble più robusta. L’idea si basa sul fatto che l’onda gravitazionale porta informazioni dirette sull’ampiezza del segnale e, combinando il redshift ottico delle galassie ospiti, si può derivare il parametro di Hubble. - Tecniche di lensing gravitazionale forte:
In presenza di fenomeni di lente gravitazionale (dovuti all’effetto di una massa molto grande che devia la luce proveniente da un oggetto lontano), è possibile ricavare informazioni sulle distanze e sui ritardi temporali nella ricezione della luce. Analizzando questi ritardi tra più immagini della stessa sorgente, si può ottenere un nuovo metodo per misurare la costante di Hubble in modo indipendente. - Nuovi progetti per lo studio del CMB e della struttura su larga scala:
Missioni come CMB-S4 e i futuri grandi sondaggi di galassie (ad esempio Euclid o Vera Rubin Observatory) forniranno dati ancora più dettagliati sulla distribuzione delle galassie e sull’energia oscura. Ciò permetterà di testare con più rigore l’ipotesi di una “nuova fisica” o di modifiche al modello cosmologico standard.
Nuove idee e soluzioni “ipotetiche”
Oltre alle tecniche già in fase di sviluppo, si possono ipotizzare alcuni ulteriori strumenti o approcci:
- Combinazione multipiattaforma:
Si potrebbe pensare a uno studio congiunto che integri simultaneamente misure da supernove, Cefeidi, onde gravitazionali e lensing gravitazionale in un unico grande modello di fitting statistico. Così si potrebbe ridurre l’incertezza complessiva e controllare meglio gli errori sistematici. - Standard candles alternativi:
Potrebbe esserci un nuovo tipo di stella o fenomeno transiente (ad esempio, eventi di kilonova) che funzioni come candelabro standard con minore sensibilità a fattori sistematici. La scoperta o la validazione di questi “nuovi indicatori” potrebbe rivoluzionare la scala delle distanze cosmiche. - Misure di fisica delle particelle con applicazioni cosmologiche:
Alcune proprietà (ancora sconosciute) dei neutrini o di altre particelle esotiche potrebbero modificare la dinamica dell’Universo primordiale. Misure più precise in acceleratori di particelle (come il CERN) potrebbero ridurre lo spazio per modelli esotici, fornendo quindi vincoli più severi anche al modello cosmologico.
Un rompicapo in attesa di una soluzione definitiva
La costante di Hubble resta uno degli obiettivi più elusivi ma anche più affascinanti per la cosmologia moderna. La differenza tra le misure locali e quelle basate sul fondo cosmico a microonde potrebbe nascondere una nuova fisica, oppure potrebbe derivare da errori sistematici ancora sconosciuti. Ma è proprio questa “tensione” a spingere la ricerca verso nuovi strumenti, nuove idee e nuovi metodi di misura.
Con l’avvento di nuove generazioni di telescopi (dallo spazio e da terra), la raccolta di dati da fenomeni di onde gravitazionali sempre più frequenti e la sofisticazione dei modelli cosmologici, gli scienziati sperano di arrivare a una convergenza. Se e quando questa convergenza avverrà, potremmo finalmente avere un quadro più chiaro del tasso di espansione dell’Universo e, di riflesso, della sua storia e del suo destino finale. Nel frattempo, la tensione di Hubble rimane un rompicapo in attesa di una soluzione definitiva, uno stimolo potente a spingere sempre oltre i confini della conoscenza umana.
Stefano Camilloni