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Pink Floyd: un viaggio tra scienza, astronomia e arte delle copertine

Quando si parla dei Pink Floyd, le prime immagini che affiorano alla mente sono quelle di una piramide di prisma attraversata da un raggio di luce colorata, di un uomo in fiamme mentre stringe la mano a un altro, di un gigantesco muro bianco. Dietro a queste icone si cela un mondo musicale e concettuale che ha saputo esplorare non solo i reconditi angoli della psiche umana, ma anche gli spazi sconfinati dell’Universo. Fin dagli esordi, i Pink Floyd hanno saputo unire suoni sperimentali a tematiche dense di riferimenti filosofici, scientifici e psicologici. In questo articolo, esploreremo il modo in cui i testi delle loro canzoni e le loro copertine si sono intrecciati con l’astronomia, la fisica e le scienze in generale, influenzando profondamente generazioni di ascoltatori.

Le radici “cosmiche”: Syd Barrett e i primi Pink Floyd

I Pink Floyd nascono nella fervente scena underground londinese della metà degli anni Sessanta. Fondati da Syd Barrett, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright, esordiscono con un sound che mescola psichedelia, rock sperimentale e avanguardia.

  • “Astronomy Domine” (dal loro primo album, The Piper at the Gates of Dawn, 1967) è il brano che più di tutti identifica il lato “cosmico” dei primi Pink Floyd. Il testo, firmato da Syd Barrett, evoca pianeti (Giove, Saturno), distanze siderali e immagini che paiono uscite da un viaggio spaziale, mentre la voce echeggia come se fosse trasmessa da un’astronave. Il titolo stesso rivela la fascinazione per l’ignoto e per l’osservazione del cielo notturno.
  • “Interstellar Overdrive”, anch’essa nell’album di debutto, è un lungo brano strumentale che dipinge un viaggio psichedelico nello spazio, un flusso di coscienza che a tratti simula le orbite degli oggetti celesti o le vibrazioni cosmiche.

Questo legame con l’astronomia, sebbene spesso astratto, era radicato nell’epoca: negli anni Sessanta, la corsa allo spazio e l’idea della frontiera cosmica affascinavano l’opinione pubblica, e la psichedelia trovava nell’immagine del cosmo un terreno fertile.

Roger Waters e la riflessione sull’esistenza

Con la progressiva uscita di scena di Syd Barrett (che lascerà il gruppo nel 1968 a causa di problemi mentali e dell’abuso di sostanze), il timone creativo passa principalmente a Roger Waters, pur con contributi importanti di David Gilmour (subentrato a Barrett), Richard Wright e Nick Mason.

  • “Set the Controls for the Heart of the Sun” (da A Saucerful of Secrets, 1968) continua l’indagine spaziale che i Pink Floyd avevano iniziato, ma con un taglio più riflessivo e ipnotico. Il testo di Waters è costellato di immagini che richiamano il volo verso una meta sconosciuta, come un viaggio mistico in cui il Sole diventa simbolo di trasformazione e fonte di energia cosmica.
  • “Echoes” (da Meddle, 1971) è un brano lungo oltre 23 minuti, un vero e proprio viaggio sonoro e lirico. Le parole, scritte da Waters e Wright, seppur non esplicitamente astronomiche, evocano paesaggi marini che, nell’ascolto, si trasformano in panorami galattici. Il suono riverberato della chitarra e i sintetizzatori ricreano un senso di vastità, come se la band volesse condensare nelle note l’idea di uno spazio infinito.
  • “Time” (da The Dark Side of the Moon, 1973) non parla esplicitamente di astronomia, ma è un’analisi del fluire inesorabile del tempo, tema che si interseca spesso con le speculazioni cosmologiche. L’incipit di orologi che suonano tutti insieme, orchestrati dal genio del tecnico del suono Alan Parsons, ha creato un effetto iconico: ognuno di quei rintocchi è un monito sullo scorrere della vita, ma richiama anche la misura del tempo in astronomia, dove le distanze e le epoche geologiche sembrano immense rispetto alla vita umana.
  • “Shine On You Crazy Diamond” (da Wish You Were Here, 1975), dedicata a Syd Barrett, utilizza la metafora della stella (il “diamante brillante”) per descrivere l’animo geniale e tormentato del fondatore della band. La scelta di un’immagine “celeste” mette in evidenza come i Pink Floyd continuassero a collegare i grandi fenomeni cosmici all’emotività umana: le stelle distanti diventano simbolo di alienazione e solitudine, ma anche di splendore e immortalità.

L’effetto sui fan: tra introspezione e curiosità scientifica

I testi dei Pink Floyd non sono semplici poesie oniriche: hanno un forte impatto sugli ascoltatori. L’uso di immagini legate all’astronomia e alla fisica suscita curiosità e porta molti fan ad approfondire queste tematiche. Numerosi appassionati di musica hanno confessato di essersi avvicinati all’osservazione del cielo notturno, all’astrofisica o alla filosofia scientifica grazie a brani come “Astronomy Domine” o “Set the Controls for the Heart of the Sun”.

  • Da un lato, i Pink Floyd offrono un’immagine romantica e “misteriosa” della scienza: l’Universo è un luogo di meraviglia e incertezza, un palcoscenico di forze sconosciute che l’uomo sta ancora cercando di capire.
  • Dall’altro lato, i loro testi invitano a riflettere sulla condizione umana: il tempo, la follia, la società industriale, la guerra, l’alienazione. La scienza diventa così anche metafora del desiderio di comprensione e controllo che spesso collide con la realtà del nostro essere infinitesimali nell’Universo.

Molte persone hanno trovato nei testi dei Pink Floyd uno sprone a interrogarsi sulla vita e sulla natura, a studiare le teorie dell’Universo, a leggere i saggi di scienziati come Carl Sagan, Stephen Hawking o Richard Feynman. Il fascino che la band esercita va dunque ben oltre la musica: diventa uno stimolo a esplorare il mondo (e oltre).

L’arte delle copertine: lo spazio e la simbologia

Se i testi rappresentano la parte verbale e poetica del messaggio “scientifico” e cosmico dei Pink Floyd, le copertine dei loro album sono il corrispettivo visivo di quell’universo di significati. In particolare, un ruolo centrale è stato giocato dalla collaborazione con lo studio di design Hipgnosis, fondato da Storm Thorgerson e Aubrey Powell.

The Dark Side of the Moon (1973)

Forse la copertina più iconica nella storia del rock: un semplice prisma su sfondo nero, attraversato da un raggio di luce che si scompone nei colori dell’arcobaleno.

  • Il prisma rappresenta la scomposizione della luce bianca nelle sue componenti cromatiche, un fenomeno fisico che risale agli esperimenti di Isaac Newton. È un richiamo esplicito alla scienza ottica, ma anche una metafora della condizione umana: le infinite sfaccettature della percezione e della psiche.
  • Lo sfondo nero evoca lo spazio profondo, l’oscurità cosmica in cui un solo raggio di luce può creare infiniti colori.

L’idea di rappresentare il lato “oscuro” della Luna (che in realtà non è oscuro, ma semplicemente non visibile dalla Terra a causa della rotazione sincrona) incarna anche un concetto filosofico: c’è sempre una parte di noi che rimane nascosta, inesplorata come la Luna che non vediamo mai.

Wish You Were Here (1975)

La copertina ritrae due uomini d’affari che si stringono la mano in un ambiente desertico: uno di loro è in fiamme.

  • A prima vista, sembra non avere alcuna connessione con lo spazio, eppure il tema dell’assenza e del vuoto permea tanto la musica quanto l’artwork. La scena surreale rimanda all’idea di isolamento, di distacco: l’immagine dell’uomo in fiamme riflette la condizione di chi è consumato dal proprio ruolo o dal sistema discografico.
  • Anche se qui il riferimento astronomico non è evidente, l’album è intriso di nostalgia e memoria, con “Shine On You Crazy Diamond” che richiama l’immagine di una stella isolata nel cosmo.

Animals (1977)

La copertina mostra un maiale gonfiabile che vola sopra la Battersea Power Station di Londra. L’immagine è un simbolo satirico di potere e controllo (il maiale che domina la città), e sebbene non ci sia un chiaro riferimento astronomico, l’idea di qualcosa che fluttua in aria sfida la gravità e si staglia contro il cielo. L’album “Animals” è un concept di critica sociale ispirato al romanzo “La fattoria degli animali” di Orwell, ma il senso di smarrimento e di “ordini superiori” che governano dal cielo (metaforicamente) è presente.

The Wall (1979)

Concepito come un enorme muro bianco, l’album parla soprattutto di alienazione personale e isolamento psicologico. L’elemento “cosmico” o scientifico è qui meno evidente, ma l’idea di una separazione insormontabile tra l’individuo e il resto del mondo riflette ancora una volta una delle grandi domande della scienza: come comprendere ciò che non vediamo, ciò che si nasconde oltre il “muro” del conosciuto?

Pulse (1995)

Pur essendo un album live, è noto per la sua confezione speciale con un LED che pulsava (nell’edizione originale). Il nome “Pulse” (impulso, battito) richiama l’idea di una frequenza cardiaca, ma anche di un segnale radio o elettromagnetico che viaggia nell’Universo. L’immagine di copertina, con un occhio e una serie di eclissi e planisferi, riprende temi astronomici. Un simbolo che enfatizza il legame tra la vita (il battito del cuore) e i cicli cosmici.

Rappresentazione artistica di Set the Controls for the Heart of the Sun @ Stefano Camilloni

Legami con la fisica e la tecnologia del suono

L’interesse dei Pink Floyd per la scienza non si limita all’astronomia: la band ha da sempre mostrato una passione per la sperimentazione tecnologica e per i fenomeni fisici legati al suono.

  • L’utilizzo pionieristico del sintetizzatore VCS3 (chiamato anche “The Putney”) già a fine anni Sessanta, e poi di altre apparecchiature all’avanguardia, ha permesso al gruppo di creare paesaggi sonori quasi “spaziali”.
  • Il lavoro in studio di registrazione divenne presto una specie di laboratorio scientifico, grazie anche alla collaborazione con ingegneri del suono visionari come Alan Parsons.
  • La complessa quadrifonia dei concerti dei Pink Floyd — in cui l’audio circolava in diverse direzioni per avvolgere lo spettatore — rappresenta una vera e propria ricerca fisica sul suono, un tentativo di controllare la propagazione delle onde acustiche nello spazio.

Curiosità: Pink Floyd e “La Luna” in uno studio di ricerca

Un fatto meno noto è che alcuni brani dei Pink Floyd sono stati usati in esperimenti di psicologia e neuroscienze, volti a studiare l’effetto della musica sul cervello umano. In più, alcuni astronomi hanno scherzosamente battezzato corpi celesti con nomi ispirati alla band, pur senza avere alcun riconoscimento ufficiale dall’Unione Astronomica Internazionale.

Curiosa anche la storia, in parte leggenda e in parte reale, che vede The Dark Side of the Moon sincronizzato con il film Il mago di Oz: i fan più accaniti trovano connessioni tra i passaggi del disco e le scene del film. Sebbene la band abbia smentito di aver concepito l’album con questa intenzione, il fenomeno ha contribuito ad alimentare il mito attorno all’“universalità” della loro musica.

Influenza culturale e scientifica: un’eredità stellare

Oltre a vendere milioni di copie in tutto il mondo, i Pink Floyd hanno lasciato una traccia indelebile nella cultura pop, non solo musicale ma anche scientifica. Molti astrofisici, ingegneri, matematici e pensatori dichiarano di essersi avvicinati alle loro discipline anche grazie a canzoni come “Astronomy Domine” o all’iconica grafica di The Dark Side of the Moon.

L’influenza della band non si limita, però, all’ispirazione:

  • La ricerca del significato, l’interrogarsi sul tempo, sullo spazio e sulla follia umana hanno fatto sì che molte generazioni vedessero i Pink Floyd come una porta verso una conoscenza più profonda, un punto d’incontro tra musica e scienza.
  • Le metafore spaziali, il fascino per il Sole, la Luna e le stelle, hanno contribuito a rendere l’universo musicale dei Pink Floyd un luogo in cui il confine tra immaginario artistico e indagine scientifica si fa labile, suscitando meraviglia e stupore.

Un viaggio infinito tra suoni sperimentali e temi universali

Nell’immaginario collettivo, i Pink Floyd rappresentano un viaggio infinito tra suoni sperimentali e temi universali: tempo, mente, spazio, solitudine, società. La scienza — e in particolare l’astronomia — diventa per la band inglese un linguaggio poetico e simbolico, capace di esprimere l’insondabile mistero della nostra esistenza. Dalla fisica della luce di The Dark Side of the Moon alle suggestioni cosmiche di Astronomy Domine o Set the Controls for the Heart of the Sun, ogni tassello del loro repertorio ricorda che l’uomo è una creatura che vive su un piccolo pianeta, ma con la mente può viaggiare fino agli estremi confini dell’Universo.

Le copertine degli album dei Pink Floyd, firmate in gran parte da Hipgnosis, completano il quadro: da un lato la semplicità geniale del prisma, dall’altro la raffinatezza simbolica di un uomo in fiamme o di un maiale nel cielo. Il risultato è un discorso artistico unico, in cui l’arte visiva e sonora si fondono per raccontare l’enigma della condizione umana, sempre in bilico tra ciò che sappiamo e ciò che resta da scoprire.

In definitiva, i Pink Floyd sono un esempio di come la musica possa diventare un ponte tra discipline apparentemente lontane (come l’arte e la scienza) e possa influenzare profondamente il modo in cui generazioni di ascoltatori guardano il cielo e si interrogano sul proprio posto nell’Universo. Guardando il Sole che sorge, la Luna che cambia forma e le stelle che brillano, è impossibile non pensare a quei suoni e a quei versi intrisi di mistero che ci ricordano come, dopotutto, siamo solo un frammento di luce in un cosmo sterminato.

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