Il 24 dicembre scorso, la sonda Parker Solar Probe della Nasa ha compiuto un passo da record, avvicinandosi a “soli” 3,8 milioni di miglia (pari a 6,1 milioni di chilometri) dalla superficie del Sole. A fronte di una distanza media Terra-Sole di circa 93 milioni di miglia (150 milioni di chilometri), questa impresa ha portato la sonda a pochissimi “centimetri” dal volto infuocato della nostra stella, in termini di scala ridotta. Dopo alcuni giorni in cui la sonda è rimasta fuori contatto radio a causa dell’ambiente estremo, la Nasa ha finalmente ricevuto il segnale di “buona salute” la mattina del 28 dicembre, confermando che Parker era sopravvissuta alle temperature proibitive e all’intensa radiazione.
La missione Parker Solar Probe
Lanciata nel 2018, la Parker Solar Probe ha come obiettivo lo studio ravvicinato del Sole e, in particolare, della sua corona esterna. Con temperature superficiali di “appena” 6.000 °C, ma con la corona che raggiunge svariati milioni di gradi, il Sole presenta tuttora numerosi interrogativi fisici insoluti. La sonda viaggia a velocità impressionanti – fino a 430.000 mph (quasi 700.000 km/h) – rese possibili dalla potente attrazione gravitazionale della nostra stella. Per proteggersi dal calore (fino a 1.400 °C sperimentati in prossimità della corona), la sonda è dotata di uno scudo termico di circa 11,5 cm di spessore in carbonio composito, capace di reggere condizioni estreme.
L’ottimismo degli scienziati
«Da secoli le persone studiano il Sole, ma non si può davvero conoscerne l’atmosfera senza entrarci dentro», ha spiegato la dott.ssa Nicola Fox, a capo della divisione scientifica della Nasa. Proprio per questo, la Parker Solar Probe si spinge fino alle regioni più esterne della nostra stella, rilevando i parametri fisici utili a capire come si generano i venti solari e perché la corona raggiunga temperature tanto elevate.
Anche la dott.ssa Jenifer Millard, astronoma presso Fifth Star Labs, sottolinea un quesito fondamentale: «La corona è incredibilmente calda, decisamente più della superficie solare. È un vero mistero come l’atmosfera esterna possa arrivare a milioni di gradi mentre la superficie è a “soli” 6.000 °C.»
Il coinvolgimento dell’Europa: le missioni dell’ESA
Mentre la Parker Solar Probe scrive un capitolo senza precedenti nella storia dell’esplorazione solare, l’Europa non resta a guardare. L’ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha infatti lanciato, nel febbraio 2020, la missione Solar Orbiter, realizzata in collaborazione con la Nasa. Anch’essa studia da vicino la nostra stella, con strumentazione all’avanguardia destinata a raccogliere dati complementari a quelli di Parker. Solar Orbiter si concentra in particolare sul campo magnetico solare e sull’origine dei brillamenti (flare), responsabili spesso delle cosiddette “tempeste spaziali”.
Perché “toccare” il Sole è così importante?
La comprensione dei processi fisici che avvengono nella corona e l’origine del vento solare sono fondamentali non solo per la scienza pura, ma anche per la vita di tutti i giorni sulla Terra. Le particelle cariche emesse dal Sole interagiscono con il campo magnetico terrestre, generando spettacolari aurore boreali e australi, ma possono anche provocare “tempeste geomagnetiche” capaci di interferire con comunicazioni radio e satellitari, reti elettriche e traffico aereo.
Uno sguardo al futuro
La straordinaria impresa della Parker Solar Probe, sostenuta dai dati complementari di Solar Orbiter e da altri progetti internazionali, promette di rivoluzionare la nostra conoscenza della stella da cui dipende la vita sul nostro pianeta. E mentre l’Europa – con l’ESA e con l’industria tecnologica di punta – lavora in sinergia con la Nasa per spingersi sempre più vicino al Sole, l’intera comunità scientifica resta in trepida attesa dei nuovi risultati e delle prossime sfide. Come ricorda la dott.ssa Fox, «niente può sostituire l’esperienza diretta: solamente volando fin dentro l’atmosfera della nostra stella possiamo davvero capire i fenomeni che la governano».
Stefano Camilloni