Quando guardiamo il cielo stellato, percepiamo solo un’infinitesima frazione della grandezza reale del cosmo. L’Universo in cui viviamo è così immenso e variegato che la nostra mente fatica persino a immaginarne l’ampiezza. Tuttavia, grazie a decenni di osservazioni, teorie scientifiche e progressi tecnologici, siamo riusciti a delineare un quadro piuttosto dettagliato — per quanto ancora incompleto — di ciò che chiamiamo “Universo visibile”.
Quanto è grande l’Universo?
Secondo le nostre attuali conoscenze, l’Universo ha un’età di circa 13,8 miliardi di anni. Potrebbe sembrare che, in base a questa età, la “portata” delle nostre osservazioni si limiti a 13,8 miliardi di anni luce. In realtà, a causa dell’espansione dello spazio, il “raggio” dell’Universo osservabile è molto più grande: circa 46-47 miliardi di anni luce; ciò significa che il diametro complessivo del cosiddetto “Universo visibile” è stimato attorno ai 93 miliardi di anni luce.
Questa distanza enorme non si riferisce a un tragitto nel tempo lineare, ma tiene conto del fatto che, mentre la luce viaggia, lo spazio stesso si dilata. Di conseguenza, le galassie che osserviamo oggi si trovano ben più lontane di quanto non fossero quando la luce è partita miliardi di anni fa.
Quanto possiamo vedere davvero?
La porzione di cosmo che possiamo effettivamente studiare è definita dal nostro orizzonte cosmologico: la distanza massima alla quale possiamo ricevere segnali (luce, onde radio, ecc.) che abbiano avuto il tempo di raggiungerci dalla nascita dell’Universo. Al di là di questo “confine”, il cosmo potrebbe continuare per distanze potenzialmente infinite, ma le informazioni a riguardo non hanno ancora avuto la possibilità di arrivare fino a noi.
In pratica, ciò che vediamo è uno “spazio-tempo a bolle”: la nostra bolla rappresenta la regione dell’Universo che, in linea di principio, possiamo investigare. Man mano che il tempo passa, e i telescopi diventano più potenti, riusciamo a scorgere oggetti sempre più remoti. Ma esisterà sempre un limite insormontabile, fissato dalle leggi della fisica, che definisce ciò che possiamo osservare.
Cosa c’è agli estremi confini del nostro Universo visibile?
Ai confini del nostro orizzonte cosmologico si trova quella che potremmo chiamare la “prima luce” dell’Universo, la radiazione cosmica di fondo (CMB, Cosmic Microwave Background). Questa radiazione è il “bagliore residuo” del Big Bang, emesso quando l’Universo aveva “solo” circa 380.000 anni e la materia si era raffreddata abbastanza da permettere agli elettroni di legarsi ai nuclei, formando i primi atomi. Da quel momento, la luce ha iniziato a viaggiare liberamente, e i nostri strumenti moderni (come il satellite Planck dell’ESA) ne rilevano ancora il debole segnale, fornendoci una delle mappe più antiche dell’Universo primordiale.
Oltre questa barriera osservativa, lo spazio e il tempo esistono ancora — almeno secondo le attuali teorie — ma la luce emessa da quegli eventi troppo remoti (o troppo antichi) non è ancora riuscita a raggiungerci.
Cosa potrebbe esserci oltre l’Universo visibile?
La domanda su “cosa c’è oltre” chiama in causa la cosmologia teorica e, in parte, la filosofia. Molti ricercatori ritengono che l’Universo si estenda ben al di là dei confini osservabili, in una distesa potenzialmente infinita di galassie e strutture simili a quelle che vediamo nella nostra “bolla cosmica”. Altri modelli, come certe interpretazioni della teoria dell’inflazione, ipotizzano addirittura un multiverso, in cui il nostro Universo sarebbe una delle infinite “isole” cosmiche, ciascuna con le proprie leggi fisiche o costanti fondamentali.
In un esercizio di pura speculazione — anche se basato su concetti ipotizzati da teorie fisiche avanzate — si può immaginare che oltre i confini dell’Universo a noi noto possano esistere regioni dello spazio-tempo con proprietà differenti, o addirittura completamente separate dalle leggi fisiche così come le conosciamo. Tuttavia, queste rimangono speculazioni finché non avremo prove osservative o teoriche più solide.
Dove si trova la Via Lattea?
La Via Lattea è la nostra “casa”: una galassia a spirale barrata con un diametro di circa 100.000-150.000 anni luce, contenente al suo interno tra i 200 e i 400 miliardi di stelle (le stime variano). Fa parte del Gruppo Locale, un insieme di oltre 50 galassie dominate dalla Via Lattea e da Andromeda (M31). Questo Gruppo Locale, a sua volta, si colloca all’interno del Superammasso della Vergine, che fa parte di una struttura ancora più ampia chiamata Laniakea (termine hawaiano che significa “immenso paradiso”), comprendente migliaia di galassie legate dalla gravità su scale di centinaia di milioni di anni luce.
Nell’immensità dell’Universo visibile, la nostra Via Lattea rappresenta, dunque, soltanto un minuscolo puntino, sebbene per noi sia tutto ciò che conosciamo “da vicino”.
La galassia più lontana mai osservata
Per molti anni, la galassia più lontana confermata era GN-z11, osservata dal telescopio spaziale Hubble e situata a un redshift di circa 11,1 (cioè la sua luce è partita poco più di 400 milioni di anni dopo il Big Bang). Con l’avvento del James Webb Space Telescope (JWST), sono stati identificati nuovi candidati ancora più remoti, come “GLASS-z13”, “CEERS-93316” e altre galassie con redshift potenzialmente superiore a 13-14. Sebbene la conferma spettroscopica definitiva di questi oggetti sia ancora in corso di perfezionamento, è probabile che i record vengano costantemente superati con l’analisi dei dati JWST, spingendoci sempre più vicini alla nascita delle prime stelle e galassie.
Quante stelle nascono ogni giorno?
Una delle domande più affascinanti riguarda la formazione stellare: quante nuove stelle si accendono nell’Universo ogni giorno? Stabilire un numero preciso è estremamente complesso: servono stime della densità media di galassie, del loro tasso di formazione stellare e di molti altri parametri. Tuttavia, prendendo in considerazione un valore medio di circa 1-2 nuove stelle all’anno per galassia, e moltiplicando per la quantità di galassie presenti (centinaia di miliardi, forse oltre duemila miliardi secondo alcune recenti stime), possiamo ipotizzare che centinaia di milioni di nuove stelle nascano ogni giorno in tutto l’Universo visibile. Alcuni studi arrivano a cifre persino superiori, ma l’ordine di grandezza resta quello delle centinaia di milioni di nuove stelle al giorno.
Uno sguardo al futuro (e oltre)
Gli studi di cosmologia e astrofisica continueranno a fornirci nuovi strumenti teorici e tecnici per osservare regioni del cosmo sempre più remote e interpretare ciò che vediamo con maggiore accuratezza. Il futuro della ricerca potrebbe riservarci scoperte rivoluzionarie:
- Rilevamento delle prime stelle (dette Popolazione III), formatesi quando l’Universo era ancora povero di metalli pesanti.
- Osservazioni dirette di buchi neri primordiali o di altre strutture esotiche.
- Conferme o smentite del multiverso o di regioni con proprietà fisiche differenti dalle nostre.
Rimane ancora molto di ignoto: quel che oggi consideriamo “confine” è solo il limite tecnologico di ciò che possiamo osservare. La curiosità umana, però, non sembra avere limiti e continuerà a spingerci sempre più lontano — a caccia di nuove informazioni su ciò che esiste al di là dei confini del nostro orizzonte, e forse al di là del nostro stesso Universo conosciuto.
Stefano Camilloni