Per miliardi di anni, Marte ha ospitato acqua liquida sulla sua superficie. Tuttavia, con la perdita di gran parte della sua atmosfera, l’acqua superficiale non poteva più persistere. Il destino di quest’acqua è rimasto un argomento di intensa ricerca: si è dispersa nello spazio, è rimasta intrappolata come ghiaccio, confinata in profonde falde acquifere o incorporata nei minerali? Questa domanda è di particolare interesse per Bruce Jakosky, Senior Research Scientist presso il Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP) e ex responsabile scientifico della missione Mars Atmosphere and Volatile EvolutioN (MAVEN).
Recentemente, un nuovo studio pubblicato nel 2024 sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) ha suggerito che Marte potrebbe ancora conservare una quantità significativa di acqua liquida nella sua crosta intermedia. Questa conclusione, basata sui dati raccolti dalla missione Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport (InSight) della NASA, ha acceso un dibattito nella comunità scientifica.
La missione InSight, operativa dal 2018 al 2022, ha dispiegato un singolo lander su Marte per raccogliere dati geofisici al fine di studiare l’interno del pianeta. Uno degli strumenti chiave era il sismometro SEIS (Seismic Explorations for Interior Structure), il primo sismometro robotico posizionato sulla superficie di un altro pianeta. SEIS ha misurato le onde sismiche causate da terremoti marziani, impatti di meteoriti e altri fenomeni.
In un articolo pubblicato nell’agosto 2024 su PNAS, il geofisico Vashan Wright della Scripps Institution of Oceanography presso l’Università della California di San Diego, insieme ai suoi colleghi, ha utilizzato modelli di fisica delle rocce per determinare quali tipi di rocce, livelli di saturazione idrica e caratteristiche degli spazi porosi potessero spiegare i dati sismici e gravitazionali raccolti da InSight nella crosta intermedia, una regione che si estende da 11,5 a 20 chilometri sotto la superficie. Il team è giunto alla conclusione che una crosta intermedia composta da rocce ignee fratturate sature di acqua liquida “spiega al meglio i dati esistenti”. Hanno stimato che il volume di acqua intrappolata potrebbe raggiungere una profondità compresa tra uno e due chilometri se fosse distribuita uniformemente sulla superficie del pianeta, una misura chiamata strato equivalente globale. Per fare un confronto, lo strato equivalente globale della Terra è di 3,6 chilometri, dovuto quasi interamente agli oceani, con pochissima acqua nella crosta.

Tuttavia, Bruce Jakosky del LASP ha contestato questa conclusione in una lettera all’editore di PNAS. Jakosky sottolinea che, sebbene quella dello studio del 2024 sia una possibile interpretazione, non è l’unica, poiché i dati su cui si basa lo studio non richiedono necessariamente una crosta satura d’acqua. “Sebbene l’approccio e l’analisi siano ragionevoli e appropriati, i risultati della loro modellazione suggeriscono una conclusione alternativa”, afferma Jakosky.
La rianalisi dei risultati del modello da parte di Jakosky ha considerato come lo spazio poroso è distribuito e altre condizioni, come la presenza di ghiaccio solido o spazi porosi vuoti, che potrebbero ugualmente spiegare i dati sismici e gravitazionali raccolti da InSight. Sebbene i dati di InSight non richiedano la presenza di acqua nella crosta intermedia, Jakosky precisa che non la escludono neanche. Dopo aver considerato la distribuzione dello spazio poroso, ha concluso che lo strato equivalente globale potrebbe variare da zero a due chilometri, ampliando il limite inferiore trovato dallo studio precedente.
“Ci aspettiamo che ci sia acqua o ghiaccio nella crosta”, afferma Jakosky. “Rilevarla effettivamente e possibilmente determinarne l’abbondanza è impegnativo, ma estremamente importante per capire quanta acqua c’è su Marte e qual è stata la sua storia”.
La quantità di acqua presente nella crosta di Marte è una questione a cui ulteriori missioni potrebbero un giorno dare una risposta, conducendo analisi geologiche e osservazioni più dettagliate, tra cui profili sismici più avanzati. Ulteriori implicazioni di queste scoperte includono una migliore comprensione del ciclo dell’acqua del Pianeta Rosso, delle sue potenziali condizioni per la vita e della disponibilità di risorse per le future missioni.
Questo continuo dibattito sottolinea la complessità dell’interpretazione dei dati scientifici e l’importanza di considerare diverse prospettive. Mentre la ricerca prosegue, la comunità scientifica spera di svelare i segreti dell’acqua nascosta di Marte e di comprendere meglio la storia e il potenziale futuro del Pianeta Rosso. Il Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP) presso l’Università del Colorado Boulder, fondato un decennio prima della NASA, continua a essere in prima linea nella ricerca spaziale, contribuendo in modo significativo alla nostra comprensione del cosmo.
PER APPROFONDIRE: https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2418978122
Stefano Camilloni