Avete mai pensato che la matematica sia solo una questione di numeri e formule complicate, di risposte giuste o sbagliate? La matematica ha spesso una reputazione di fornire risposte concise e nette, un test oggettivo di abilità. Ma la matematica è molto più di questo, come esplora in modo affascinante la matematica Eugenia Cheng nel suo nuovo libro, “Quanto è reale la matematica“. Attraverso domande apparentemente ingenue, Cheng ci conduce in un viaggio avvincente alla scoperta della matematica per il puro gusto di comprenderla, al di là delle mere applicazioni pratiche.
Eugenia Cheng, matematica con una carriera dedicata ad ‘alleviare l’ansia’ legata alla matematica, ci invita a riscoprire quella che lei chiama la “spinta matematica”, una forza motivazionale interiore simile alla curiosità di un bambino che chiede costantemente “perché?”. Questa spinta è paragonata a bambini che saltano in una pozzanghera: un impulso naturale a esplorare qualcosa di sconosciuto. Cheng sottolinea che la differenza tra chi si avvicina alla matematica e chi no non sta nel capire o meno, ma nel provare l’urgenza di andare verso ciò che non si comprende, piuttosto che allontanarsene.
Il libro celebra l’importanza del “perché” in matematica. Troppo spesso, nell’insegnamento tradizionale, gli studenti imparano i fatti matematici senza metterli in discussione. Prendiamo l’esempio dei numeri primi: un numero intero positivo divisibile solo per se stesso e per 1. Il numero 1, tuttavia, non è considerato primo e spesso, alla domanda di uno studente sul perché, la risposta è semplicemente “perché no, e basta”. Ma, come spiega Cheng, c’è una ragione valida per escludere l’1: i numeri primi sono i mattoni moltiplicativi dei numeri interi maggiori di 1. Escludere l’1 garantisce che ogni numero intero maggiore di 1 possa essere scomposto in un prodotto di numeri primi in un solo modo. Questa unicità è fondamentale per molte proprietà dei numeri. Comprendere le ragioni dietro le definizioni matematiche è molto più interessante che accettarle passivamente per superare un test.
Cheng ci mostra come la matematica possa essere vista come un gioco, specialmente nelle fasi iniziali dell’apprendimento. I bambini piccoli manipolano oggetti, creano figure, esplorano concetti in modo ludico. Ma spesso, questa giocosità svanisce rapidamente, sostituita dalla necessità di ottenere la risposta giusta, trasformando la matematica in un compito arduo e serio. Cheng lamenta come si debba aspettare fino alla laurea, e persino oltre, per poter “giocare” di nuovo con la matematica, esplorando liberamente le idee.
L’autrice esamina anche i diversi modi in cui la matematica viene valutata. Spesso si insiste sulla sua utilità pratica, ma Cheng sostiene che il suo valore va oltre un senso utilitaristico ristretto. La matematica allena il nostro cervello a pensare bene, una capacità che ci è utile in ogni aspetto della vita. Presentare la matematica come puramente utile, spesso con esempi forzati e poco realistici, finisce per alienare gli studenti. Invece, Cheng paragona la matematica a un “muscolo mentale”: rafforza la nostra capacità di ragionamento, proprio come l’esercizio fisico rafforza il corpo.

Un aspetto cruciale del libro è l’esplorazione del rapporto tra ragione e intuizione nel pensiero matematico. Se la ragione coincidesse sempre con l’intuizione, non ci sarebbe bisogno della prima. L’intuizione attinge a aspetti del nostro cervello e alle esperienze che non abbiamo ancora elaborato razionalmente. Quando ragione e intuizione sono in conflitto, è il momento più interessante per imparare, cercando di capire l’origine della discrepanza. Cheng utilizza sapientemente illustrazioni e diagrammi nel suo libro per illuminare concetti matematici. Questi strumenti visivi possono portare a una comprensione più profonda, evidenziando aspetti che altrimenti rimarrebbero inosservati. Tuttavia, avverte anche sui pericoli di un uso manipolatorio delle illustrazioni, come grafici con scale ingannevoli. Nel suo campo di ricerca, la teoria delle categorie, il ragionamento diagrammatico è fondamentale, ma è essenziale che i diagrammi corrispondano correttamente alla logica sottostante.
Il libro affronta anche concetti fondamentali come i numeri immaginari. Cheng riconosce che è “completamente giusto e valido” avere difficoltà a crederci, dato che sono stati inventati. Ma sottolinea la straordinaria utilità di queste creazioni mentali, ad esempio in fisica. Cheng incoraggia i suoi studenti a esprimere i propri sentimenti riguardo alla matematica, sfidando l’idea che sia solo una questione di vero o falso.
Cheng offre anche una critica incisiva al sistema educativo matematico, spesso troppo rigido e focalizzato sulla selezione piuttosto che sull’insegnamento inclusivo. L’ossessione per argomenti come il calcolo e la convinzione che l’abilità matematica sia un dono innato sono viste come dannose, poiché portano all’abbandono e sollevano gli educatori dalla responsabilità di migliorare il proprio insegnamento. Il concetto di etnomatematica viene introdotto per esplorare come diverse culture sviluppano la matematica in modi legati al loro contesto. Tuttavia, Cheng evidenzia le complessità e le controversie legate a questo termine, specialmente in relazione alla definizione occidentale e accademica di matematica.
In conclusione, “Quanto è reale la matematica” è un libro che invita a una riflessione profonda sulla natura della matematica, sul suo insegnamento e sul nostro rapporto con essa. Eugenia Cheng ci spinge a porre domande, a esplorare, a giocare con le idee matematiche, a fidarci della nostra curiosità e ad accettare i nostri sentimenti riguardo a questa disciplina spesso percepita come fredda e inaccessibile. Attraverso un linguaggio chiaro e coinvolgente, e con esempi illuminanti, Cheng ci mostra che la matematica è un’avventura intellettuale ricca di meraviglia e profondità, accessibile a chiunque abbia la spinta di esplorare le sue verità più profonde, anche attraverso le domande più semplici.
Stefano Camilloni