L’idrogeno e l’acqua sono tra i composti più abbondanti nell’universo e giocano un ruolo fondamentale nella formazione e nell’evoluzione dei pianeti. Nel nostro sistema solare, i giganti di ghiaccio Urano e Nettuno si pensa che siano composti principalmente da acqua, mescolata con roccia e altri ghiacci, e avvolti da un’atmosfera ricca di idrogeno. Allo stesso modo, molti esopianeti, pianeti che orbitano attorno a stelle diverse dal nostro Sole, mostrano caratteristiche che suggeriscono atmosfere dominate dall’idrogeno che sovrastano interni ricchi di acqua.
Comprendere come l’idrogeno e l’acqua interagiscono in queste condizioni planetarie estreme è cruciale per decifrare la storia e la struttura interna di questi corpi celesti. Tuttavia, le pressioni e le temperature presenti negli interni planetari superano spesso le capacità dei laboratori terrestri, rendendo difficile ottenere dati sperimentali diretti. Di conseguenza, la nostra comprensione delle interazioni chimiche tra idrogeno e acqua a queste profondità è rimasta incompleta.
Recentemente, una nuova ricerca (pubblicata su The Astrophysical Journal Letters), ha utilizzato potenti simulazioni al computer, basate sulla teoria funzionale della densità, per esplorare come l’idrogeno e l’acqua si comportano in un ampio intervallo di pressioni (da 0.5 a 2000 GPa) e temperature (da 750 a 6000 K), condizioni tipiche degli interni di pianeti delle dimensioni di Nettuno e più piccoli. Queste simulazioni offrono uno sguardo inedito sulla miscibilità di questi due elementi chiave e sulle conseguenze per l’evoluzione planetaria.
Miscibilità e separazione di fase: come olio e acqua negli interni planetari
Uno dei risultati chiave di questa ricerca è la determinazione della “curva critica“. Questa curva definisce le condizioni di pressione e temperatura al di là delle quali idrogeno e acqua, inizialmente mescolati in una singola fase omogenea, si separano in due fasi distinte: una ricca di idrogeno e l’altra ricca di acqua. È un po’ come quello che succede con l’olio e l’acqua: in determinate condizioni, non si mescolano ma formano strati separati.
Le simulazioni hanno mostrato che la temperatura lungo questa curva critica aumenta con l’aumentare della pressione. Inoltre, intorno a 30 GPa e 3000 K, si è osservata un’influenza sul comportamento della curva critica dovuta a un cambiamento nella struttura del fluido, da molecolare ad atomica. Questo significa che a pressioni più basse, idrogeno e acqua esistono principalmente come molecole (H₂ e H₂O), mentre a pressioni più elevate si dissociano nei loro atomi costituenti (H e O). Questo cambiamento strutturale potrebbe avere implicazioni importanti per la generazione di campi magnetici planetari.

Pioggia di acqua e struttura interna dei giganti di ghiaccio
Le implicazioni di questa curva critica sono significative per la nostra comprensione dei giganti di ghiaccio come Urano e Nettuno. Man mano che un pianeta ricco di idrogeno e acqua si raffredda nel tempo, il suo profilo di temperatura interna può incrociare la curva critica. Quando ciò accade, le due fasi, ricca di idrogeno e ricca di acqua, si separano e il fluido più denso, ricco di acqua, “piove” verso l’interno, formando una struttura stratificata con un involucro ricco di idrogeno che circonda un interno ricco di acqua. Tale struttura stratificata è coerente con la conoscenza degli interni dei giganti di ghiaccio.
Questa struttura stratificata è coerente con i modelli attuali degli interni di Urano e Nettuno, dove si ipotizza un confine tra strati ricchi di idrogeno e ricchi di acqua a pressioni intorno ai 30 GPa. Tuttavia, i modelli interni dei giganti di ghiaccio rimangono incerti, e la pressione esatta alla quale avviene questa separazione di fase dipende da diversi fattori, inclusa la composizione chimica complessiva del pianeta. Le nuove simulazioni suggeriscono che per composizioni più ricche di acqua, tipiche dei giganti di ghiaccio, la separazione di fase potrebbe avvenire a pressioni ancora più elevate.
È interessante notare che, secondo questa ricerca, potrebbe essere possibile che Urano non abbia ancora raggiunto la curva critica, mentre Nettuno sì. Questo potrebbe contribuire alla maggiore luminosità di Nettuno rispetto a Urano, poiché l’energia gravitazionale rilasciata dalla continua “pioggia” di acqua può influenzare l’evoluzione termica del pianeta.
E gli esopianeti? Mondi di idrogeno e acqua oltre il nostro sistema solare
I risultati di questo studio hanno anche importanti implicazioni per la nostra comprensione degli esopianeti, in particolare quelli con atmosfere ricche di idrogeno e interni potenzialmente ricchi di acqua, a volte chiamati “mini-Nettuno” o “pianeti oceano“. Molti degli esopianeti scoperti finora sono significativamente più caldi di Urano e Nettuno, con profili di temperatura che potrebbero trovarsi al di sopra della curva critica. In questi casi, l’idrogeno e l’acqua potrebbero rimanere completamente miscibili, formando un unico involucro omogeneo.
Un involucro di questo tipo avrebbe un peso molecolare medio maggiore rispetto a un’atmosfera di puro idrogeno, un’osservazione che è stata recentemente fatta per l’esopianeta TOI-270 d. Inoltre, un tale involucro sarebbe meno suscettibile alla perdita atmosferica. Questo potrebbe spiegare perché non sono state rilevate fuoriuscite atmosferiche da alcuni pianeti che altrimenti ci si aspetterebbe stessero perdendo rapidamente le loro atmosfere di idrogeno.
Un’eccezione a questo scenario sono i cosiddetti “mondi Hycean“, dove l’involucro di idrogeno è molto sottile. In questi casi, il confine tra l’interno ricco di acqua e l’involucro di idrogeno si trova a pressioni molto basse. Tuttavia, le simulazioni suggeriscono che molti dei modelli proposti per questi pianeti, come quelli per K2-18 b, non sarebbero in equilibrio termodinamico con la curva critica. Solo alcuni casi, come il modello 3 per K2-18 b, sono coerenti con la presenza di un confine tra uno strato ricco di acqua e uno ricco di idrogeno. Inoltre, per esopianeti come TOI-270 d, se dominati da idrogeno e acqua, non si prevede un oceano separato, ma un involucro omogeneo di acqua e idrogeno.
Un cambiamento di prospettiva sulla formazione planetaria
Questa ricerca sfida anche le idee convenzionali sulla formazione dei giganti di ghiaccio. Si pensava che la loro struttura stratificata fosse il risultato dell’accrescimento di un nucleo ricco di ghiaccio seguito dalla cattura di un involucro ricco di idrogeno. Tuttavia, i nuovi risultati indicano che un pianeta giovane e caldo con una tale struttura sarebbe termodinamicamente instabile: gli strati ricchi di acqua e idrogeno si dissolverebbero l’uno nell’altro, tendendo a una composizione omogenea. La stratificazione che osserviamo oggi potrebbe quindi essere il risultato di una successiva separazione di fase avvenuta con il raffreddamento del pianeta.
Guardando al futuro: nuove missioni per esplorare gli interni planetari
I risultati di questo studio forniscono un quadro fondamentale per comprendere l’evoluzione della composizione degli involucri planetari e per fare previsioni sulle abbondanze elementari che potrebbero essere rilevate da future missioni e osservazioni. Ad esempio, la proposta missione Uranus Orbiter and Probe misurerebbe le concentrazioni di elementi pesanti, incluso l’ossigeno, nell’involucro esterno di Urano, il che potrebbe fornire importanti informazioni sulla fase di equilibrio e sulla “pioggia” di acqua. Il telescopio spaziale James Webb misurerà le abbondanze elementari negli involucri esterni di esopianeti caldi dove idrogeno e acqua sono completamente miscibili. Inoltre, i telescopi di prossima generazione per l’imaging diretto saranno in grado di studiare le composizioni di pianeti simili a Nettuno con diverse età e temperature di equilibrio, fornendo vincoli cruciali sui processi di formazione ed evoluzione.
In conclusione, questa nuova ricerca basata su simulazioni al computer offre una visione più dettagliata e dinamica di come l’idrogeno e l’acqua interagiscono nelle profondità dei pianeti. I risultati hanno implicazioni significative per la nostra comprensione della struttura interna e dell’evoluzione termica dei giganti di ghiaccio del nostro sistema solare e per la caratterizzazione di una vasta gamma di esopianeti, aprendo nuove prospettive sulla natura dei mondi che popolano la nostra galassia.
Stefano Camilloni