L’universo che conosciamo è per lo più… sconosciuto. Una quantità enorme della sua massa è costituita dalla materia oscura, una sostanza elusiva che non emette, riflette o assorbe luce. Per questo motivo, la sua rilevazione rappresenta una delle sfide più grandi dell’astrofisica moderna. Tra i vari candidati proposti per spiegare la natura della materia oscura, spicca la cosiddetta materia oscura ultraleggera, composta da particelle con masse incredibilmente piccole. Gli astrofisici hanno cercato queste particelle sfuggenti con diversi approcci, ma finora senza successo.
Recentemente, un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida ha proposto un nuovo metodo per la rilevazione diretta della materia oscura ultraleggera. La loro idea si basa sull’astrometria, ovvero la misurazione precisa delle posizioni e dei movimenti degli oggetti celesti. La loro ricerca, pubblicata sulla rivista Physical Review Letters, offre un approccio alternativo per la futura ricerca di queste particelle misteriose.
“La nostra ricerca è nata da una domanda fondamentale: come possiamo rilevare la materia oscura se interagisce con la materia ordinaria solo attraverso la gravità?” ha spiegato Sarunas Verner, coautore dello studio. Tradizionalmente, questo scenario è stato considerato molto difficile per la rilevazione diretta. Tuttavia, basandosi sul lavoro pionieristico di Khmelnitsky e Rubakov (2014), i ricercatori hanno riconosciuto che la materia oscura ultraleggera – con una lunghezza d’onda di de Broglie comparabile alle scale galattiche – produce fluttuazioni misurabili nello spaziotempo che potrebbero essere rilevate attraverso misurazioni astrometriche di precisione.
La maggior parte delle precedenti ricerche di materia oscura ultraleggera si basava su pulsar timing arrays, ovvero osservazioni periodiche di pulsar millisecondo in diverse zone del cielo. Verner e il suo collega Jeff A. Dror hanno invece esplorato la possibilità di utilizzare l’astrometria di precisione per sondare la materia oscura ultraleggera osservando unicamente le interazioni gravitazionali.
“Il nostro metodo sfrutta il fatto che la materia oscura ultraleggera crea piccole ma rilevabili fluttuazioni nello spaziotempo stesso” ha chiarito Verner. “Queste fluttuazioni influenzano le posizioni apparenti di oggetti celesti distanti come stelle e quasar. In particolare, abbiamo dimostrato che l’effetto più significativo si verifica attraverso quella che gli astronomi chiamano ‘aberrazione classica’ – la leggera deviazione angolare della luce proveniente da sorgenti distanti causata dal movimento dell’osservatore nello spazio”.
Nel loro studio, i ricercatori hanno calcolato come queste increspature dello spaziotempo indotte dalla materia oscura ultraleggera influenzerebbero l’aberrazione classica, rendendola dipendente dalla distanza. Ciò significa che le sorgenti vicine mostrano un’aberrazione leggermente diversa da quelle distanti.
“Queste variazioni sono estremamente sottili – meno di 1 microsecondo d’arco – e richiedono misurazioni astrometriche di altissima precisione” ha sottolineato Verner. “Abbiamo dimostrato che questi effetti sono potenzialmente rilevabili con le attuali e future indagini astrometriche come VLBI, Gaia e futuri osservatori come THEIA“.
Il recente studio introduce quindi un metodo completamente nuovo per sondare la materia oscura ultraleggera, concentrandosi unicamente sulle interazioni gravitazionali. Questa dipendenza esclusiva dalla gravità potrebbe essere molto vantaggiosa, poiché potrebbe consentire ai ricercatori di cercare candidati di materia oscura che potrebbero essere completamente disaccoppiati dal Modello Standard, con la sola eccezione delle leggi gravitazionali.
“Le implicazioni del nostro studio sono notevoli” ha affermato Verner. “Il nostro metodo è complementare alle sonde esistenti di materia oscura ultraleggera, tra cui le misurazioni del fondo cosmico a microonde (CMB) e le osservazioni della struttura a grande scala (LSS)”.
Combinata con questi altri set di dati, l’astrometria di precisione potrebbe migliorare significativamente la nostra capacità di rilevare o vincolare le particelle di materia oscura ultraleggera nella gamma di massa inferiore a 10^-22 elettronvolt. Questa gamma di massa è particolarmente interessante in quanto corrisponde a particelle con lunghezze d’onda su scala galattica, potenzialmente in grado di risolvere alcune sfide su piccola scala in cosmologia.
Il nuovo metodo di rilevazione proposto da questo gruppo di ricerca potrebbe essere ulteriormente sviluppato e implementato in future ricerche di particelle di materia oscura ultraleggera. Nei loro prossimi studi, Verner e Dror prevedono di estendere il loro approccio proposto per poter sondare altri sottotipi di materia oscura ultraleggera. “Basandoci su queste fondamenta, intendiamo estendere il nostro quadro teorico per studiare la materia oscura vettoriale ultraleggera, che potrebbe mostrare diverse firme nei dati astrometrici” ha aggiunto Verner.
“Stiamo anche esplorando come principi simili potrebbero essere applicati per sondare la natura dell’energia oscura, offrendo potenzialmente nuove intuizioni sulla misteriosa forza che guida l’accelerazione cosmica”.
Questo nuovo approccio basato sull’astrometria di precisione apre una promettente finestra sull’elusiva materia oscura ultraleggera, offrendo una strategia innovativa per svelare uno dei più grandi misteri del nostro universo.
Stefano Camilloni