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Biosignature agnostiche, la nuova sfida nella ricerca di vita extraterrestre

La ricerca di vita al di fuori del nostro pianeta è una delle sfide più affascinanti della scienza moderna. Tradizionalmente, gli scienziati cercano biosignature, ovvero indicatori della presenza di processi vitali. Molte di queste biosignature si concentrano sulla rilevazione di gas prodotti dal metabolismo, come l’ossigeno. Tuttavia, questo approccio si basa sull’assunzione che la vita extraterrestre funzioni in modo simile a quella terrestre.

Ma cosa succederebbe se la vita altrove utilizzasse processi completamente diversi? Questa domanda ha portato alla ricerca di biosignature “agnostiche”, cioè indipendenti dalle specifiche caratteristiche biochimiche della vita come la conosciamo. Identificare tali firme è una sfida enorme, tanto che alcuni scienziati si chiedono se esistano davvero.

Un recente studio pubblicato su Nature Communications propone un nuovo approccio, concentrandosi su un risultato generico della vita: la formazione di ecosistemi competitivi. Gli autori, Akshit Goyal e Mikhail Tikhonov, suggeriscono che la presenza di dinamiche a livello di ecosistema, caratterizzate da interazioni ecologiche e competizione per le risorse, potrebbe produrre biosignature indipendenti da specifiche attività metaboliche.

In particolare, propongono la stratificazione delle risorse chimiche in ordine decrescente di contenuto energetico come una potenziale nuova biosignature agnostica. Immaginate diverse sostanze chimiche presenti in un ambiente, ognuna con una diversa quantità di energia immagazzinata. La vita, consumando queste risorse per crescere e competere, potrebbe organizzare queste sostanze in strati spaziali, con quelle a più alta energia concentrate in una zona e quelle a energia inferiore in zone diverse.

Per dimostrare questa idea, i ricercatori hanno utilizzato un modello teorico minimale che include due elementi considerati universali per la vita: la auto-replicazione (la capacità di riprodursi) e le interazioni ecologiche (la competizione tra diverse forme di vita). Le simulazioni di questo modello hanno mostrato che questi due fattori portano naturalmente alla stratificazione spaziale sia delle specie biologiche che delle risorse chimiche. In sostanza, le specie che utilizzano le risorse più energetiche crescono più rapidamente vicino alla fonte di approvvigionamento, impedendo alle altre di accedere a tali risorse. Questo porta a una separazione spaziale, con le risorse meno energetiche che penetrano più lontano.

È importante notare che questa stratificazione ordinata per energia è diversa dai semplici “gradienti energetici” necessari per sostenere la vita (la presenza di composti chimici in disequilibrio). In questo caso, si parla di un gradiente spaziale di diverse sostanze, ordinate in base alla loro energia.

Gli autori sostengono che una tale stratificazione è improbabile che si verifichi abioticamente, poiché la velocità di una reazione chimica e la sua resa energetica sono determinate da parametri indipendenti e generalmente non correlati.

Sebbene affascinante, questa biosignature presenta delle limitazioni. Come sottolineano gli stessi autori, è probabilmente inaccessibile al telerilevamento. Tuttavia, potrebbe essere rilevante per missioni di ritorno di campioni, come quelle che raccolgono materiale dal suolo di Marte o da asteroidi. Inoltre, potrebbe essere utile per la ricerca di antiche tracce di vita sulla Terra stessa.

In conclusione, la proposta della stratificazione delle risorse ordinate per energia rappresenta un approccio innovativo e “agnostico” alla ricerca di vita. Sebbene le sfide tecnologiche per la sua rilevazione siano significative, questa idea evidenzia come la comprensione dei principi ecologici fondamentali potrebbe fornirci nuovi modi per riconoscere la presenza di vita, ovunque essa si trovi. La ricerca continua per ampliare il nostro set di strumenti concettuali nella nostra incessante esplorazione del cosmo.

Stefano Camilloni

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