Quando parliamo di un fotone, ci riferiamo a una particella elementare che viaggia sempre alla velocità della luce cc. Nel quadro della relatività di Einstein, non esiste un sistema di riferimento “valido” dal punto di vista fisico che viaggi alla velocità della luce, perché richiederebbe un’energia infinita per accelerare un oggetto dotato di massa fino a cc. Tuttavia, possiamo esercitare la nostra immaginazione per provare a descrivere che cosa “vedrebbe” un ipotetico osservatore che fosse trasformato in un fotone, e che cosa accadrebbe attorno a lui.
Il limite della velocità della luce e la prospettiva di un fotone
Secondo la relatività ristretta, più ci si avvicina alla velocità della luce, più gli effetti relativistici diventano estremi: il tempo si dilata (il famoso “time dilation”), le distanze si comprimono (la “length contraction”) e la massa relativistica cresce. Tuttavia, per un oggetto senza massa come il fotone, alcune di queste idee diventano difficili o impossibili da tradurre in un’esperienza diretta.
- Nessun riferimento inerziale a cc
I principi di Einstein stabiliscono che non possiamo adottare un sistema di riferimento che si muove alla velocità della luce. Qualunque oggetto con massa, per raggiungere cc, dovrebbe ricevere un’energia infinita, il che è impossibile. Il fotone, d’altro canto, non ha massa a riposo e “nasce” già alla velocità della luce. - Tempo fermo?
Una delle conclusioni più celebri della relatività è che, dal punto di vista del fotone (ammesso che ne esista uno definibile), il viaggio tra l’emissione e l’assorbimento è istantaneo. In altre parole, in quello che tentiamo di chiamare “tempo proprio” di un fotone, non esiste alcun intervallo temporale: il fotone viene emesso da una sorgente e assorbito da un rilevatore senza che, per lui, sembri passare del tempo.
Cosa accadrebbe intorno a lui?
Immaginiamo, con licenza poetica, di “diventare” un fotone che percorre lo spazio. Cosa vedremmo?
- Perdita di una visione convenzionale dello spazio
Per un essere umano, la percezione dello spazio è tridimensionale, con oggetti posizionati a distanze diverse, e il tempo che scorre linearmente. Se fossimo un fotone, questo quadro verrebbe stravolto: tutti i calcoli relativistici suggeriscono che la lunghezza nella direzione di moto si contrarrebbe drasticamente. A velocità prossima a cc, gli oggetti davanti a noi apparirebbero “schiacciati” in una direzione, e nello stesso tempo le coordinate spaziali e temporali diventerebbero inestricabili. - Un istante eterno
Dal punto di vista meramente teorico, non avremmo coscienza di un prima e di un dopo: l’intera traiettoria dall’emissione fino all’assorbimento sembrerebbe avvenire in un istante senza durata. Questo significa che non ci sarebbe alcuna “esperienza” di scorrere del tempo; non potremmo raccontare cosa è successo “durante”, perché non esiste un “durante”. - Il mondo esterno “accelera”
Se provassimo a tradurre questa situazione nel linguaggio umano, potremmo dire che, mentre per noi (fotoni immaginari) il tempo si congela, chi ci osserva dall’esterno sperimenta il suo normale scorrere del tempo. In altre parole, tutto ciò che accade nell’universo, dal nostro punto di vista, succederebbe in un lampo, come se la realtà esterna fosse compressa in un battito di ciglia.
Cosa succederebbe al tempo?
Il concetto di tempo per un fotone è in qualche modo “incompatibile” con la relatività ristretta. La dilatazione temporale, che è tangibile per gli oggetti che si muovono a velocità vicine a cc, raggiunge un limite estremo alla velocità della luce. Da equazioni come quelle di Lorentz, si deduce che il fattore di dilatazione tende a infinito quando un oggetto con massa si avvicina a cc. Per un fotone, non esiste una definizione di tempo proprio comparabile a quella degli oggetti dotati di massa.
È dunque corretto dire che per il fotone il tempo non passa. L’istante di emissione e l’istante di assorbimento, per lui, coincidono. Ovviamente, queste frasi sono interpretazioni semplificate e parzialmente metaforiche, perché la fisica non ci permette di “vestire i panni” di un fotone in modo rigoroso. Tuttavia, rendono l’idea dell’estrema bizzarria del mondo all’estremo limite della velocità.
Come ci vedrebbero gli altri esseri umani?
Dal punto di vista di un osservatore “normale”, un essere umano trasformato in fotone non sarebbe più percepibile come una persona:
- Un lampo di luce: un osservatore esterno vedrebbe soltanto un impulso di luce (o di altra radiazione elettromagnetica) che viaggia alla velocità della luce. La forma del nostro corpo, la nostra identità e persino la nostra massa – che a riposo era ben definita – sarebbero scomparse nel processo di trasformazione. Ciò che rimarrebbe è un fotone, o un insieme di fotoni, in viaggio.
- Scomparsa dell’individuo: in pratica, quel che noi consideriamo un essere umano sparirebbe nel momento stesso in cui raggiunge la velocità della luce. L’osservatore vedrebbe forse un lampo, un “bagliore” generato dall’energia necessaria a trasformare la materia in pura radiazione. Subito dopo, quell’energia proseguirebbe indisturbata nel vuoto, senza mai rallentare.
- Niente ritorno: infine, non esisterebbe una possibilità di “ritornare indietro”. Una volta emesso, un fotone rimane tale finché non interagisce con qualcosa che lo assorbe o ne devia il cammino (come un atomo, uno specchio, ecc.). E nel momento in cui viene assorbito, il fotone cessa di esistere come particella separata, trasferendo la sua energia alla materia.
Tra fisica e immaginazione
Immaginare di essere un fotone significa, di fatto, addentrarsi in un territorio in cui i concetti ordinari di spazio e di tempo si annullano. La relatività di Einstein ci insegna che non ha senso definire un quadro di riferimento per un oggetto che si muove alla velocità della luce. Eppure, l’esercizio di pensiero di “vestire i panni” di un fotone ci aiuta a capire due aspetti fondamentali:
- La relatività del tempo: la percezione e lo scorrere del tempo dipendono dal sistema di riferimento. Sebbene non possiamo davvero affermare che un fotone “veda” o “viva” alcunché, le trasformazioni di Lorentz ci dicono che, a velocità prossime a cc, il tempo per un osservatore rallenta drammaticamente rispetto a chi rimane fermo.
- I limiti della nostra intuizione: la nostra comprensione del mondo è basata su una vita a velocità molto inferiori a quella della luce. Spingersi all’estremo luminoso significa dover fare i conti con leggi fisiche che sfidano il buon senso e l’esperienza quotidiana.
In definitiva, se anche la fisica ci nega un riferimento rigoroso alla velocità della luce, l’ipotesi di essere un fotone resta un affascinante paradosso che illumina (letteralmente!) i misteri della realtà relativistica. Mentre per noi il mondo è fatto di giorni, ore, minuti e spazi misurabili, “per il fotone” (o meglio, dal punto di vista della relatività) il viaggio è un istante privo di tempo, un balzo dal punto di emissione a quello di assorbimento senza alcuna pausa intermedia. Un’idea che ci ricorda quanto l’Universo sia molto più vario e sorprendente di quanto i nostri sensi ci permettano di percepire.
Stefano Camilloni