Marte ha da sempre affascinato l’umanità con il suo inconfondibile colore rosso, tanto da guadagnarsi il soprannome di Pianeta Rosso. Gli antichi lo associavano alla guerra e al sangue, mentre oggi sappiamo che quella tonalità è dovuta alla polvere che ricopre la sua superficie, ricca di ferro ossidato. Ma la vera domanda è: come si è formato questo strato di polvere rossa?
Fino a poco tempo fa, la teoria più accreditata suggeriva che fosse dovuta alla ematite, un minerale che si forma in ambienti aridi. Questo significava che Marte aveva perso la sua acqua molto presto nella sua storia. Tuttavia, un nuovo studio scientifico ha messo in discussione questa ipotesi: il vero responsabile del colore di Marte potrebbe essere un minerale chiamato ferridrite, che si forma solo in presenza di acqua liquida. Se questa scoperta venisse confermata, cambierebbe radicalmente ciò che sappiamo sulla storia climatica del pianeta.
Un nuovo protagonista: la ferridrite
La ferridrite è un minerale ricco di ferro che si forma in ambienti umidi, in presenza di acqua fredda. Se davvero è lei la responsabile del colore di Marte, significherebbe che il pianeta è rimasto bagnato molto più a lungo di quanto si pensasse, e che non si è trasformato subito in un deserto arido.
Il team di ricercatori, guidato da Adomas Valantinas della Brown University, ha scoperto che la ferridrite potrebbe essere diffusa ovunque nella polvere marziana. Questo risultato è stato ottenuto combinando dati raccolti da missioni spaziali – come il Mars Reconnaissance Orbiter della NASA e la sonda Mars Express dell’ESA – con esperimenti di laboratorio che hanno riprodotto in modo fedele le condizioni marziane.
«Non siamo i primi a pensare che la ferridrite possa spiegare il colore di Marte, ma questa è la prima volta che lo dimostriamo in modo chiaro grazie a dati sperimentali», ha spiegato Valantinas.
La scienza dietro la scoperta: tra dati dallo spazio e test in laboratorio
Per dimostrare che la ferridrite è davvero responsabile del colore di Marte, gli scienziati hanno usato un doppio approccio: da un lato, hanno analizzato le immagini e i dati spettroscopici provenienti dalle sonde orbitanti e dai rover di superficie, dall’altro hanno riprodotto la polvere marziana in laboratorio.
Utilizzando un macinatore ad alta precisione, hanno ridotto campioni di roccia basaltica in polvere finissima, delle dimensioni di un centesimo di un capello umano. Queste particelle sono state poi studiate per capire come riflettono la luce in condizioni simili a quelle di Marte. Il risultato? Lo spettro della ferridrite ricreata in laboratorio corrisponde perfettamente ai dati raccolti dalle sonde e dai rover.
Ma c’è di più: la ferridrite si degrada facilmente in ambienti molto secchi e caldi, il che significa che se è ancora presente su Marte, allora il pianeta ha mantenuto condizioni umide più a lungo di quanto pensassimo.

Marte un tempo era un pianeta più umido?
Questa scoperta ha implicazioni enormi. Se Marte ha mantenuto acqua liquida in superficie per un periodo più lungo di quanto si ritenesse, allora potrebbe essere stato abitabile per più tempo. Non stiamo parlando di oceani tropicali, ma di laghi freddi, fiumi stagionali e falde acquifere superficiali che potrebbero aver ospitato microbi primitivi miliardi di anni fa.
Il colore rosso del pianeta potrebbe quindi essere una testimonianza di questo passato più vivibile. La ferridrite, con la sua struttura idratata, racconta una storia diversa rispetto alla vecchia teoria dell’ematite: Marte non si è seccato di colpo, ma ha attraversato una transizione più graduale da un ambiente umido a quello desertico che vediamo oggi.
Il futuro della ricerca: prove definitive in arrivo?
Per avere la conferma definitiva, gli scienziati dovranno analizzare direttamente dei campioni marziani. Il rover Perseverance della NASA ha già raccolto alcune provette di terreno e polvere, che in futuro verranno riportate sulla Terra grazie alla missione Mars Sample Return.
Se in questi campioni verrà trovata ferridrite in quantità significative, avremo una prova diretta che Marte non è diventato subito un deserto, ma è rimasto umido per un periodo più lungo di quanto immaginavamo.
«Questa scoperta è solo l’inizio», afferma Valantinas. «Una volta che avremo i campioni qui sulla Terra, potremo finalmente rispondere alla domanda: per quanto tempo Marte è stato un mondo abitabile?»
Fino ad allora, il mistero del Pianeta Rosso resta aperto, ma questa scoperta potrebbe averci portato un passo più vicino alla verità.
Stefano Camilloni