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«Se un’altra Terra ci osservasse, scoprirebbe l’umanità?» Ecco come altre civiltà aliene potrebbero rilevare le nostre tracce nello spazio

Se una civiltà extraterrestre, con tecnologie simili alle nostre, si trovasse a molti anni luce di distanza, sarebbe in grado di individuare tracce di vita intelligente sul nostro pianeta? E se sì, quali indizi del nostro progresso tecnologico potrebbero cogliere? È a queste domande che ha cercato di rispondere un team di ricerca guidato dalla dottoressa Sofia Sheikh del SETI Institute, in collaborazione con il progetto Characterizing Atmospheric Technosignatures e il Penn State Extraterrestrial Intelligence Center. I risultati, pubblicati nella rivista Astronomical Journal, offrono uno sguardo innovativo su ciò che la Terra trasmette “involontariamente” nello spazio.

Le “tecnofirme” della Terra

In astrobiologia, i segnali riconducibili a tecnologia avanzata vengono chiamati tecnofirme (in inglese, technosignatures). Si tratta di emissioni o tracce che non hanno spiegazioni esclusivamente naturali e che, dunque, potrebbero indicare la presenza di civiltà intelligenti. Nello studio di Sheikh e colleghi, l’attenzione è rivolta alle tecnofirme prodotte dalla Terra, per comprendere in che modo e da quale distanza potrebbero essere individuate.

Radio e radar: i segnali più potenti

La scoperta principale è che le emissioni radio—in particolare quelle derivanti da radar planetari, come quelli dell’ormai dismesso Osservatorio di Arecibo—sono le più potenti e, di conseguenza, le più facilmente rilevabili a grandi distanze. Secondo i calcoli, una “Terra gemella” con tecnologia simile alla nostra potrebbe cogliere questi segnali fino a 12.000 anni luce di distanza. È una portata straordinaria, che supera di molto la maggior parte dei segnali prodotti da trasmissioni televisive o radiofoniche comuni.

L’atmosfera parla di noi

Un altro tipo di tecnofirma è legato alla composizione chimica dell’atmosfera. In particolare, l’emissione di gas inquinanti, come gli ossidi di azoto (ad esempio, il biossido di azoto NO₂), potrebbe essere rilevata da strumenti astronomici in grado di analizzare la luce proveniente da un esopianeta. Grazie ai nuovi telescopi come il James Webb Space Telescope e all’imminente Habitable Worlds Observatory (HWO), stiamo migliorando notevolmente la sensibilità nella ricerca di firme chimiche. Secondo lo studio, con questi strumenti sarà possibile captare tracce di NO₂ fino a 5,7 anni luce di distanza—cioè, potenzialmente, persino oltre Proxima Centauri, la stella più vicina a noi dopo il Sole.

Video “Earth Detecting Earth” di Zayna Sheikh, narrato da Seth Shostak

Più ci si avvicina, più tecnofirme si sommano

Man mano che ci si avvicina alla Terra, i segnali tecnologici si fanno via via più numerosi e variegati. Sarebbero infatti rilevabili:

  • Le luci delle città, in particolare di notte.
  • I laser, eventualmente usati per comunicazione o per altri scopi.
  • I “punti caldi” degli agglomerati urbani (le cosiddette isole di calore).
  • La rete di satelliti intorno alla Terra, sempre più fitta di nuovi lanci.

Osservando il nostro pianeta da vicino, quindi, una civiltà aliena tecnologicamente avanzata vedrebbe un quadro complessivo di attività umana che va ben oltre le sole trasmissioni radio.

Perché studiare la Terra come “altra Terra”?

Lo scopo di questa ricerca è duplice: da un lato, capire come appariamo a chi (o a cosa) possa osservarci da milioni di chilometri di distanza; dall’altro, usare questa conoscenza per orientare le ricerche di vita intelligente altrove. Come spiega la dott.ssa Sofia Sheikh, “SETI ci fa da specchio cosmico: come ci vedrebbero gli altri abitanti della galassia, se ci fossero? E come interpreterebbero le nostre tracce di inquinamento atmosferico o le nostre emissioni radio?”.

Macy Huston, coautrice dello studio e ricercatrice presso l’Università della California, Berkeley, aggiunge: “Non dobbiamo mai dare per scontato che civiltà aliene si comportino esattamente come la nostra, ma capire bene cosa produciamo noi può aiutarci a dare un contesto più solido quando progettiamo ricerche SETI.”

Le distanze massime a cui ciascuna delle moderne tecnofirme della Terra potrebbe essere rilevata utilizzando la tecnologia attuale, rappresentate visivamente. Sono indicati anche vari oggetti astronomici di interesse.

Nuove frontiere nella ricerca SETI

La ricerca del Search for Extraterrestrial Intelligence (SETI) si è tradizionalmente concentrata sui segnali radio, ma sta pian piano aprendosi a un’analisi sempre più “multi-canale”. Oltre alle emissioni radio e radar, si stanno esplorando con maggior attenzione gli impulsi laser e i segni chimici nell’atmosfera di esopianeti potenzialmente abitabili. In futuro, grazie a strumenti ancora più sensibili, potremmo individuare nuove tecnofirme, come altri tipi di sostanze inquinanti o schemi di luce notturna.

Ripetere studi di questo tipo nei prossimi anni, in parallelo con l’evoluzione della nostra tecnologia e con i cambiamenti dell’impatto umano sul pianeta, potrà offrirci un quadro sempre più preciso di come, potenzialmente, potremmo individuare o essere individuati a distanze cosmiche.

Il ruolo del SETI Institute

Il SETI Institute, fondato nel 1984, è un’organizzazione no-profit dedicata alla comprensione dell’origine e della diffusione della vita e dell’intelligenza nell’universo. Svolge un ruolo di primo piano nello studio delle tecnofirme, mettendo insieme astronomi, astrobiologi, esperti di elaborazione dati e ingegneri informatici. Le sue ricerche spaziano da progetti sostenuti dalla NASA e dalla NSF a collaborazioni con università e industrie, con l’obiettivo di scoprire se non siamo soli nell’universo e, in caso positivo, come riconoscere i segni di altre civiltà.

In conclusione, la ricerca condotta da Sheikh e colleghi ci ricorda che il nostro pianeta è tutt’altro che silenzioso nello spazio. Involontariamente, trasmettiamo costantemente segnali che potrebbero essere captati da osservatori lontani. E mentre cerchiamo di scovare tecnofirme altrove, vale la pena chiederci: con quali occhi verremmo visti, oggi, se qualcuno stesse puntando i propri strumenti su di noi?

Stefano Camilloni

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