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Alla ricerca di vita aliena: una nuova pista nelle atmosfere esoplanetarie

Scienziati in California hanno recentemente individuato un promettente metodo per rilevare segnali di vita su pianeti lontani, concentrandosi su mondi profondamente diversi dalla Terra e su gas raramente considerati finora.

Un recente studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters, condotto da ricercatori dell’Università della California a Riverside, evidenzia l’importanza dei gas chiamati “alogenuri di metile“, composti da un gruppo metilico (un atomo di carbonio legato a tre atomi di idrogeno) unito a un atomo alogeno, come cloro o bromo. Sulla Terra, questi gas vengono prodotti prevalentemente da batteri, alghe marine, funghi e alcune piante.

La peculiarità di questi gas è che, pur essendo presenti sulla Terra solo in piccole quantità, potrebbero accumularsi in grandi concentrazioni sui cosiddetti pianeti “Hycean” – mondi grandi con oceani profondi e dense atmosfere di idrogeno, orbitanti attorno a piccole stelle rosse. Questi pianeti, inabitabili per l’essere umano, potrebbero tuttavia ospitare forme di vita microbica anaerobica adattata a condizioni estremamente diverse da quelle terrestri.

Uno dei vantaggi significativi della ricerca di alogenuri di metile, come sottolineato dagli autori Michaela Leung e Eddie Schwieterman, è la facilità relativa con cui possono essere individuati grazie alle attuali tecnologie, specialmente con il telescopio spaziale James Webb. Infatti, bastano circa 13 ore di osservazione per rilevare questi gas, contro tempi decisamente più lunghi richiesti per altri gas considerati indicatori di vita, come ossigeno o metano.

L’osservazione degli alogenuri di metile è promettente anche grazie alla loro forte assorbimento della luce infrarossa, rendendoli facilmente individuabili nelle atmosfere ricche di idrogeno tipiche dei pianeti Hycean.

Questa scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta nella ricerca di vita extraterrestre: “Se iniziassimo a trovare alogenuri di metile su più pianeti, significherebbe che la vita microbica potrebbe essere comune nell’universo”, ha dichiarato Michaela Leung. “Questo cambierebbe radicalmente la nostra comprensione della diffusione della vita e dei processi che portano alla sua origine.”

I ricercatori stanno già pianificando ulteriori studi su altri gas potenzialmente prodotti in ambienti estremi terrestri, come il Mar di Salton, per estendere la ricerca a un’ampia gamma di condizioni planetarie.

Pur essendo ancora lontani dalla possibilità di campionare direttamente le atmosfere degli esopianeti, i progressi tecnologici futuri, come la missione europea LIFE prevista per gli anni 2040, potrebbero velocizzare notevolmente la conferma della presenza di vita oltre la Terra.

Come afferma Schwieterman, “Sapere dove cercare e cosa cercare potrebbe essere il primo passo per scoprire la vita al di là del nostro pianeta.”

Stefano Camilloni

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